SOCRATE
Socrate (399 a.C.), uno dei principali filosofi greci, nacque ad Atene tra il 470 e il 469 a. C. Il padre, Sofronisco, era scultore, mentre la madre Fenarete era una levatrice. Di umili origini, fu tuttavia educato come un rampollo dell’alta società ateniese. Da soldato semplice fu presente nella Guerra del Peloponneso, segnalandosi per valor militare in diverse battaglie, tra cui a Potidea dove salvò la vita al giovane Alcibiade.
Nel 406-405 si dedica alla vita politica, entra nella Bulè, il Consiglio dei Cinquecento – corrispettivo del nostro parlamento – e viene eletto pritano, cioè membro della presidenza collegiale dello stesso Consiglio. Convolò a nozze due volte, con Mirto e Santippe, di cui si tramanda una risaputa isteria.
Cacciati i Trenta Tiranni, vicini allo stesso Socrate, il saggio pensatore fu vittima di una campagna persecutoria ad opera dei restauratori della democrazia ateniese. Accusato di voler divulgare una nuova religione e di corruzione della gioventù, (300 a.C.), venne condannato a morte tramite avvelenamento con la cicuta, sostanza usata per somministrare la pena capitale nell’antica Grecia.
Socrate era ritenuto il più saggio tra i filosofi perché lui “sapeva di non sapere”, mentre gli altri mancavano di tale consapevolezza. E pur conoscendo magari solo qualcosa di peculiare della arte, erano convinti di sapere tutto e poter insegnarlo ali altri. Egli fu probabilmente condannato per il suo fastidioso modo di pungolare gli altri e costringerli a dubitare delle loro incertezze.
Egli metteva in crisi il suo interlocutore insidiando dentro di lui il dubbio; non formulò concetti universali, né cercò di dare una corretta definizione di “bene”, “male” o delle “virtù”; piuttosto dimostrò che quelli che si reputavano sapienti, in realtà non erano.
Egli metteva in crisi il suo interlocutore insidiando dentro di lui il dubbio; non formulò concetti universali, né cercò di dare una corretta definizione di “bene”, “male” o delle “virtù”; piuttosto dimostrò che quelli che si reputavano sapienti, in realtà non erano.
Per fare ciò adottava un metodo diviso in due momenti:
• Ironia: consisteva nel demolire le tesi avversarie basandosi sulla “finzione”. Metteva in ridicolo le posizioni contrarie dopo aver finto di accettarle come giuste. Conversando con un interlocutore poneva delle domande incalzanti che alla fine provocavano risposte contraddittorie tra loro, fino a che l’interlocutore ammetteva di non sapere nulla a riguardo.• Maieutica: consisteva nel far risvegliare nell’interlocutore il gusto della verità, che a suo avviso si trovava nell’anima delle persone; è dunque quell’arte che attraverso il dialogo fatto di domande e risposte, doveva aiutare le persone a trovare e far emergere le idee giuste di cui la sua anima è gravida.
Socrate si paragonava a una levatrice, come sua madre, che ormai troppo anziana per partorire aiutava le altre donne a farlo. Così lui, sapendo di non sapere, non proponeva nuove conoscenze, ma metteva alla prova i giovani in modo da capire se le loro intelligenze erano “gravide” di pensieri giusti e degni d’essere sostenuti.