19/03/18

PLATONE

Il pensiero di Platone si sviluppò in mezzo a una crisi politico-culturale: 404AC(sconfitta di Atene nella guerra del Peloponneso, I trenta tiranni); 399AC (uccisione di Socrate).
Essendo un aristocratico, Platone avvertì molto bene la crisi; ma essendo filosofo la vive come crisi dell'uomo nella sua totalità,prendendo Socrate come punto di riferimento,poiché per uccidere l'uomo più saggio di tutti la società doveva essere arrivata al limite.
Secondo Platone il principio di quella crisi deriva dall'intelletto,e si convince che era necessaria una riforma globale dell'esistenza umana,con una nuova filosofia. Infatti dice che se si vuole migliorare qualcosa nello stato, si deve praticare una politica filosofica.
Platone nacque ad Atene da una famiglia aristocratica nel 428AC.All'età di 20 anni divenne discepolo di Socrate e lo seguì fino alla sua morte, che è decisiva per la vita filosofica di Platone.(nella lettera VII infatti dice che si sarebbe dedicato alla vita politica, a causa dell'ingiusta morte di Socrate, per cercare di cambiare qualcosa nello stato;la sua idea era che a guidare lo stato dovevano essere i filosofi.
Una delle caratteristiche dell'opera platonica è l'uso dei miti(racconti fantastici attraverso cui vengono espresse le dottrine filosofiche. Il mito in Platone ha 2 significati:1)strumento per comunicare in modo semplice le dottrine 2)E' un mezzo di cui si serve il filosofo per parlare di realtà che vanno oltre ai limiti I primi periodi dell'attività di Platone sono dedicati alla difesa di Socrate e alla polemica contro i sofisti. Platone si inspira molto alle tecniche di Socrate, in particolare alle definizioni. Nell'Atene del V sec Platone formula la teoria delle idee ;questa teoria è fondamentale per capire il pensiero di Platone. Platone ritiene che la scienze sia stabile e immutabile,quindi perfetta;ma è anche convinto che la mente sia la riproduzione di ciò che esiste"realismo gnoseologico";Platone si chiede quale sia l'oggetto della scienza,ovvero l'oggetto del concetto. Questo oggetto è l'idea, identità immutabile e perfetta,che esiste per suo conto,e che costituisce con tutte le altre idee un altro mondo, l'peruranio(al di là del cielo). Le cose sono imitazioni imperfette delle idee(esempio del santo). L'dea platonica è il modello unico e perfetto delle cose molteplici e imperfette di questo mondo.




IL MONDO INTELLEGIBILE 


Sua essenza


La
 via ontologica argomenta che se non si ammettesse una realtà ideale non si spiegherebbe il movente adeguato della realtà umana (meccanicisticamente inspiegabile);(si veda in particolare il Fedone, ed alcuni brani di Platone: il fisico non basta a spiegare il fisico, occorre una seconda navigazioneIl mondo delle Idee o intelligibile deve esistere per due ragioni fondamentali, una gnoseologica e una ontologica. La via gnoseologica al mondo intelligibile argomenta che altrimenti non si spiegherebbe perché noi pensiamo in base a delle categorie di perfezione e di stabilità, non si spiegherebbe insomma perché abbiamo in noi una conoscenza, un sapere immutabile e perfetto (quale la matematica o la filosofia); quale origine infatti può avere un effetto perfetto? Solo un'origine, una causa perfetta; un sapere immutabile non può dunque avere origine dal mondo mutevole del sensibile, ma solo da un mondo immutabile, quale è appunto il mondo intelligibile.


IL MONDO SENSIBILE 

Il mondo sensibile non è stato creato (dal nulla), ma plasmato da una materia preesistente, la chora. Il mondo corporeo non è stato creato: perché il divino per Platone non è Infinito, non è Onnipotente, ma ha una perfezione limitata, finita. Divine sono le Idee, ma sono impersonali, intelligibili, ma non intelligenti (per Platone l'intelligibile è superiore all'intelligenza, perché la regola e la misura e non ne dipende), non sono dei "TU", centri di consapevolezza e di libertà (il Bene è theion, non theos), e inoltre non possono generare che Idee (secondo una tesi comune al pensiero greco, per cui il supremo non può "abbassarsi" verso l'inferiore); e divino è il personaggio del Demiurgo, meno perfetto delle Idee, ma essere personale, buono e perfetto (finitamente).
Il Demiurgo trova la materia già esistente, come qualcosa di indeterminato, inintelligibile, oscuro, informe, caotico, retto da cieca necessità, quale spazialità "ricettacolo di tutto ciò che si genera, quasi una nutrice". Tale materia, più consistente in un certo senso di quella aristotelica, che è puro principio, non è il non essere, ha una sua realtà. Tale chora è fattore di relatività, di instabilità, di fenomenicità.
Il Demiurgo non può azzerarne tali caratteristiche negative, che non lui ha creato; cerca però di attutirne al massimo la negatività, infondendo in essa una somiglianza e una partecipazione delle Idee. Da tale opera di plasmazione esce, dal caos che precedeva, un cosmos, quanto più possibile armonico e ordinato.
Il male che ancora sussiste nel cosmo, consistente essenzialmente in un disordine, in una irrazionale disarmonia, non è dovuto all'azione plasmatrice del divino, ma alla resistenza opposta dalla materia caotica, che non ha potuto essere totalmente piegata e vinta.

l'anima del mondo e il tempo


Platone paragona il mondo sensibile a un vivente perfetto, anzi a una sorta di "dio visibile", in quanto plasmato dal Demiurgo; di questo dio visibile il corpo è il mondo, e l'anima è estesa a tutto il mondo, permeandolo e contenendolo, secondo proporzioni e intervalli numerici di una scala musicale. Oltre al dio visibile dell'ambiente terrestre, il Demiurgo ha plasmato anche altri dèi visibili:
  • gli astri, di puro fuoco,
  • gli dèi della tradizione, a cui ha affidato di completare la generazione della realtà visibile, plasmando ciò che perisce (e che Egli non può forgiare) e affidando loro, da infondere nei corpi mortali ...
  • le anima umane incorruttibili.

Il tempo: è immagine mobile dell'Eterno, ed è nato con il cielo.
Il cosmo ha avuto un inizio (con l'opera del Demiurgo), ma non ha termine, è incorruttibile.


la conoscenza come reminiscenza


L'anima preesiste al corpo, e non è distrutta alla morte del corpo; in essa alberga una memoria (reminiscenza o anamnesi) delle idee (viste nei periodi di distacco dal corpo e di contemplazione del mondo intelligibile), e un desiderio (ἕρως) di esse, memoria e desiderio accesi dalle cose, che, come abbiamo visto, delle idee sono imitazione (μίμησις) e partecipazione.

Che cosa non è conoscenza vera

Soprattutto nel Teeteto Platone sviluppa la sua gnoseologia "negativa", chiarendo che cosa non sia vera conoscenza:
  • essa non è percezione sensibile: questa infatti è proporzionata al suo oggetto, che è continuamente mutevole e relativa al soggetto individuale (ciò che io vedo, nella misura in cui è un dato sensibile, lo vedo solo io); la sensazione è perciò mutevole e relativa (mentre la vera conoscenza deve essere assoluta e immutabile).
    Inoltre se la sensazione fosse vera conoscenza si andrebbe incontro alle seguenti obiezioni:
    • nessuno potrebbe essere più saggio di un altro (perché ognuno sarebbe misura della sua saggezza); mentre l'esperienza ci dice il contrario;
    • i ricordi non sarebbero conoscenza (non essendo qualcosa di visto), mentre tutti concordano che lo siano;


La verità è che vi sono verità non date dalla sensazione (come quelle matematiche).


  • essa non è nemmeno semplicemente "giudizio vero", che può esserci anche senza giudizio delle cose (ad esempio un tribunale può giudicare innocente uno che lo è davvero, ma per vie puramente casuali-esteriori, non conoscitive: come per la abilità del suo avvocato, quando invece tutti gli indizi fossero contro di lui); in questo caso si ha solo una opinione vera.
  • essa non è neppure "giudizio vero accompagnato da ragione", se per ragione si intenda o una spiegazione parziale, o una pura enumerazione di fattori, senza coglierne l'unità e la radice comune, o infine la enucleazione delle note distintive individuali (rimanendo sempre a un livello esteriore-superficiale).

La conoscenza vera deve essere immutabile e assoluta, e deve cogliere un dato universale e definibile in modo chiaro e stabile.


che cosa è conoscenza vera


Soprattutto nella Repubblica Platone chiarisce questo tema. Ciò che è massimamente conoscibile (dunque oggetto di vera conoscenza) è ciò che massimamente è: vi è corrispondenza tra essere e conoscere, tra ontologia e gnoseologia.
L'essere sensibile, intermedio tra il nulla e il vero essere è perciò oggetto di una conoscenza imperfetta, a metà tra la scienza e l'ignoranza, ossia la doxa. Solo dell'essere intelligibile si da vera scienza (episteme).






ARISTOTELE

LA BIOGRAFIA Aristotele nacque verso il 384 a.C., a Stagira, città della penisola calcidica, nella Grecia settentrionale (vicina al...